“Ben venga il caos, perché l’ordine non ha funzionato.” (Karl Kraus)
Siamo soliti pensare alla disorganizzazione come a un problema, un vero e proprio male di qualsiasi struttura che deve essere evitato a qualunque costo. Tutti si concentrano sull’ordine e si interessano di “organizzazione” anche a livello tecnico e scientifico: esistono infatti studi sull’organizzazione, ma nessuno si occupa di “disorganizzazione”.
Eppure, se ci si pensa bene, l’organizzazione magari troppo rigida non è sempre positiva perché, in talune circostanze, una certa dose di disorganizzazione permette di avere un’equivalente dose di flessibilità. In questo caso allora la disorganizzazione non è una caratteristica necessariamente negativa perché diventa “adattativa”. In pratica, queste forme di disorganizzazione costituiscono fattore di reazione a determinate sollecitazioni ambientali e possono contribuire ad aumentare l’efficacia e l’efficienza di una struttura così come la presenza di un vero e proprio “pensiero disorganizzato” può contribuire ad aumentare la flessibilità e la creatività delle persone.
Le istituzioni, l’ordine, le strutture, le regole facilitano il coordinamento ma complicano l’adattamento e ingabbiano gli attori; viceversa, vi sono forme di disorganizzazione da cui i soggetti coinvolti traggono un vantaggio o un beneficio:
- vantaggi in efficienza, come aumentare la flessibilità e la semplificazione;
- vantaggi in efficacia, come agevolare la creatività;
- vantaggi di potere, come nel caso del “rendersi indispensabili”.
Quando, ad esempio, una struttura è organizzata in modo troppo rigido e cristallizzato, la presenza di sacche circoscritte di disorganizzazione permette di uscire da questi vincoli generando una flessibilità che può essere utile in casi di necessità di adattamento a condizioni di cambiamento.
Queste forme di disorganizzazione strategica circoscritta contribuiscono a stimolare la creatività. In questo modo possono nascere combinazioni organizzative, procedure, prassi innovative che non fanno riferimento allo schema di ordinamento esistente e che altrimenti rimarrebbero nascoste o sottovalutate. Se quindi in certe circostanze un certo grado di disorganizzazione consente di migliorare l’efficienza e l’efficacia di un sistema, ciò vuol dire anche che saranno necessarie delle forme di riorganizzazione che sono stimolate da questa condizione. In realtà è la riorganizzazione (alimentata dalla disorganizzazione) che aumenta l’efficacia e l’efficienza, perché si crea un nuovo ordine e si sfrutta quel nuovo ordine.