La fidelizzazione è un elemento fondante della vita aziendale, con profonde ricadute sul livello della performance individuale e di gruppo: fidelizzare le persone significa, in breve, far sì che si leghino cognitivamente ed affettivamente all’Impresa in cui operano.

In genere, le attività fidelizzanti si riassumono in momenti aggregativi che coinvolgono gruppi di lavoro: esempi classici sono le cene aziendali, oppure altri eventi che possono svolgersi sia all’interno della stessa organizzazione sia al suo esterno.

È opportuno però non confondere simili attività con quei momenti orientati alla motivazione dei team di lavoro: certamente la motivazione poggia sulla sua fidelizzazione, la prima senza la seconda è improbabile se non addirittura impossibile, in ogni caso i due ambiti restano, e devono rimanere, distinti sotto il profilo dei contenuti, delle forme, degli obiettivi e, principalmente, delle aspettative manageriali.

La cena aziendale, forse, fidelizza ma non è un fattore motivante. Che un imprenditore confonda i due ambiti e si illuda che un calo di produttività possa essere risolto con “più motivazione”, dunque “più uscite insieme” o più “foto di gruppo”, è estremamente deleterio.

La fidelizzazione deve tendere a soddisfare il bisogno di appartenenza di coloro che in azienda vivono e lavorano: l’attività fidelizzante ha a che fare con apprezzamento e stima, ossia quei riconoscimenti che all’individuo arrivano dall’esterno e che contribuiscono a potenziare il suo senso di identità e su cui poggia, appunto, la spinta motivazionale.

L’attività motivazionale, come i colloqui o i briefing, tende invece a soddisfare e potenziare l’istanza di auto-realizzazione e, perciò, favorisce la disponibilità della persona ad auto-stimarsi e fa sì che la stessa persona si percepisca soddisfatta nei riguardi di se stessa.