L’ascolto è l’arte dello stare a sentire attentamente, del prestare orecchio, ma saper ascoltare non è così facile come può sembrare. Per dare il peggio di sé nell’ascolto è sufficiente interrompere, giudicare, non ascoltare, distrarsi, ascoltare mentre si guarda la tv o si digita su uno smartphone, non guardare le persone, distorcere ogni possibile interpretazione, insomma, un intero bagaglio di errori.
Tra questi, l’ascolto a tratti è estremamente comune: ascoltiamo, qualcosa del contenuto altrui ci “accende” perché connesso ai nostri interessi, allora facciamo una domanda di approfondimento, poi il contenuto altrui cambia, o ci viene in mente qualcosa, saltiamo da un pensiero a un altro, la testa “va via”, o sentiamo una frase di una conversazione altrui che ci attira, “andiamo via” dalla conversazione, anche se fisicamente siamo ancora li. Il modo più rapido per applicare un ascolto “a tratti” è di ascoltare mentre si digita su una tastiera, con la tv accesa o con un monitor davanti, che consideriamo “sottofondo” ma non lo è, in quanto da esso escono informazioni che a volte ci catturano, e questo è uno degli ascolti peggiori in assoluto, tranne che per alcuni momenti di “presenza mentale”.
Lo sforzo di parlare con qualcuno che ascolta “a tratti” è enorme, sia fisico che emotivo: ognuno di noi, almeno una vota, ha provato quella fastidiosa sensazione di essere interrotto mentre stava parlando, magari proprio quando era intento a comunicare qualcosa di particolarmente importante, almeno per lui. In quel momento, oltre al fastidio di non essere ascoltati, ci siamo sentiti poco considerati e poco valorizzati.
Ammettiamolo: parlare con chi ci presta poca attenzione è molto irritante e costituisce un grande ostacolo alla comunicazione e alla relazione!!
Ricordiamo allora quello che diceva Epiteto, il filosofo greco: abbiamo due orecchie e una bocca per poter ascoltare il doppio di quanto diciamo.