Una delle attività più impegnative della direzione aziendale è motivare il proprio staff verso una performance di eccellenza: spesso a tale scopo si propongono incentivi sempre più accattivanti, eppure, in alcuni casi, si traducono in veri e propri boomerang. Per il destinatario, infatti, il riconoscimento aziendale può risultare una luce perennemente accesa sulla qualità della prestazione. Ci si sente, allora, sotto pressione e si avverte il peso delle alte aspettative del management.
In altri casi l’input motivazionale produce, nei destinatari, un entusiasmo di breve durata che poi lascia il posto a un adagiarsi su livelli di routine. In tali circostanze è probabile che il management abbia definito degli incentivi basati su quello che “teoricamente” un professionista dovrebbe trovare motivante, senza tener conto che ogni persona è propensa a inquadrare gli eventi (compreso l’obiettivo fissato dall’azienda e il premio stabilito in caso di sua realizzazione) all’interno di un proprio sistema di riferimento fatto di opinioni, valori, idee, stati d’animo che non necessariamente coincide con gli standard convenzionali.
Ecco perché è opportuno che, prima di fissare mete e incentivi, sia svolto dal management stesso – o meglio da un consulente esterno – un’analisi del clima aziendale allo scopo di individuare ciò che spinge le persone a svolgere ogni giorno il loro lavoro, al di là di ogni discorso teorico/motivazionale. Il motivo privato per cui si tende verso l’obiettivo, infatti, ha lo stesso peso dell’obiettivo stesso ed è, a volte, il vero e unico incentivo.
“Ci sono piccole differenze tra le persone ma queste piccole differenze creano una differenza enorme”. W. Clement Stone (uomo d’affari e filantropo)