Come Watzlawick col suo libro “Istruzioni per rendersi infelici” spiega chiaramente le tecniche che adottiamo quotidianamente per essere, appunto, infelici, indicandoci per contro la via per la felicità, così di seguito vogliamo ricapitolare le “cinque regole d’oro” di un capo per distruggere il proprio team, sperando di indicare la via per ottenere una squadra vincente!

Comunicazione “one way”: quando il capo comunica senza ascoltare, non pone domande, non raccoglie feedback, non si confronta con i collaboratori e preferisce impostare uno schema comunicativo “a stella” in cui non circolano le informazioni. La reazione del team sarà quella di pensare: “io avrei una bella soluzione al problema ma è meglio tacere, non si sa mai”, inibendo di conseguenza la nascita di nuove soluzioni o innovazioni.

Mettere i collaboratori l’uno contro l’altro, pensando di mantenere il proprio potere di controllo, ad esempio non dando troppo spazio ai collaboratori, soprattutto in pubblico, parlare solo ad una persona per volta “in camera caritatis” (preferibilmente nell’ufficio del capo), fare allusioni ai difetti o ai limiti degli altri promuovendo la critica distruttiva. La reazione dei collaboratori è quella di dedurre: “Qui non mi fido più di nessuno, quindi io non collaboro più con nessuno!”, favorendo la nascita di un clima di sfiducia e sospetto.

Non delegare, non responsabilizzare: quando il capo non assegna mai incarichi precisi ma generici in modo da poterli cambiare, non chiede mai di fare cose in autonomia, non dà mai autorizzazioni a procedere senza avere già deciso tutto nel minimo dettaglio. Ciò significa non credere in nessuno, non far crescere nessuno e, di conseguenza, accentrare tutte le decisioni su di se, anche quelle più banali. i membri del team si diranno fra loro: “Inutile prendersi responsabilità, tanto decide tutto lui!” favorendo una situazione di immobilismo.

Non premiare mai nessuno, neanche con encomi verbali. Spesso i capi ritengono che sia bene evitare di fare apprezzamenti positivi ai collaboratori bravi perché pensano che possano “montarsi la testa” col rischio che poi chiedano un aumento. La conseguenza principale è il cosiddetto “effetto appiattimento”, ovvero: “Chi ce lo fa fare a darci da fare? Tanto non abbiamo nulla da guadagnarci!”.

• Cercare le colpe non le cause. Gli insuccessi possono diventare fonti inesauribili di miglioramenti se si riesce a farne buon uso mediante valutazioni e confronti successivi. Spesso invece i meccanismi che scattano, sono orientate alla ricerca del colpevole. E’ l’eterno fenomeno del “capro espiatorio”. Se il capo non sa fermare tali meccanismi o addirittura li favorisce, il retropensiero dei membri sarà: “Se le cose vanno bene è merito del capo, se le cose vanno male è sempre colpa di un collaboratore; invece che pensare alla risoluzione dei problemi, devo preoccuparmi di proteggermi…”

In conclusione: “Mostrate fiducia nei vostri uomini ed essi faranno in modo di meritarsela; trattateli da professionisti seri, ed essi faranno di tutto per non deludervi.” (Ralph Waldo Emerson)